Vite che parlano: Sante Ronchi

Padre Sante Ronchi, missionario oblato di Maria Immacolata, dopo aver passato alcuni anni in Italia, dove ha lavorato in diversi campi pastorali (con i giovani, presso la comunità Faro di Messina con i tossicodipendenti, nella formazione dei giovavi seminaristi oblati) ha operato in Romania e attualmente si trova in Venezuela.

Sante, da una decina d’anni sei in Venezuela. I Missionari Oblati di Maria Immacolata da quanti anni sono in questo Paese e cosa fanno?

 Gli Oblati sono presenti in Venezuela da più di trent’anni e svolgiamo essenzialmente il ministero pastorale nelle parrocchie. Agli inizi eravamo a Casigua el Cubo, dove c’era il nostro vescovo Monsignor Ramiro. In seguito a Machiques, vicino al lago di Maracaibo e da lì abbiamo aperto una casa a Palo Gordo, dove risiedo. Fino a pochi anni fa eravamo presenti a Catia la Mar, vicino a Caracas. Attualmente siamo presenti a Palo Gordo e a Santa Barbara di Barinas. In entrambe queste zone lavoriamo in parrocchia.

Cosa significa per te “essere missione”?

Per me “essere missione” non è tanto le cose che si fanno, anche se talvolta sono tante e cerchiamo di farle bene. Gli impegni che ci assumiamo sono una conseguenza di ciò che siamo come discepoli missionari del Signore. Essere missione è stare con la gente e a contatto con le loro vite. È amare la gente nelle loro situazioni spesso molto difficili in questo Paese che da diversi anni vive una situazione economica disastrosa. È essere presenti con i poveri. È essere comunità oblata e comunità parrocchiale di battezzati. È tenere viva la presenza di Dio fra di noi e poterla irradiare. È essere trasparenza del Dio che vive in noi. Per me è molto importante la nostra vita di comunità, che, come in ogni famiglia, vive di cose belle e talvolta di momenti difficili. La comunità è missione.

Quali sono le cose che ritieni importanti del tuo essere missionario?

Mi sembra importante incontrare l’essere umano così come è, con le sue ricchezze ma anche con le sue povertà e i suoi problemi. Da diversi anni ormai il Venezuela vive una situazione davvero difficile non solo economicamente, ma da tanti punti di vista. Ci sono ammalati, anziani, gente senza lavoro, poveri che vivono al limite delle loro possibilità e che spesso mancano del minimo necessario per vivere. Per me sono importanti gli incontri con i vari volti del Cristo e, confesso, che spesso mi chiedo dove la gente trovi la forza interiore per andare avanti. Molti hanno davvero una grande forza interiore per affrontare le situazioni difficili della vita e… mi evangelizzano.

Puoi dirci qualche parole chiave della tua vita missionaria?

Di per sé a me piace la solitudine, forse perché sono originario da un paesino nelle montagne, le Dolomiti. Però sento importante il valore della comunità che per me è non solo la vita che viviamo insieme ma è anche testimonianza di ciò che siamo e viviamo. La comunità è davvero un luogo di missione che può irradiare la bellezza dell’essere Chiesa. Sento importante essere vicino ai poveri, agli ultimi: vorrei fare molto di più per essere vicino a loro. Ancora, il desiderio di conoscere un po’ di più chi siamo, l’essere umano, il mondo che ci circonda, la scienza, il mistero della creazione e della vita. Anche il desiderio di conoscere il cammino spirituale con Dio da parte di tanta umanità. Insomma, mi piace essere al livello della gente per conoscerci e capirci un po’ di più e, se posso, trasmettere il Vangelo in maniera comprensibile all’umanità con la quale mi trovo a vivere.

Sante, sei un Oblato di Maria Immacolata. Che posto ha Maria nella tua vita?

Penso a Maria come la donna dell’ascolto e del servizio, per cui cerco di imitarla nel servizio che mi è chiesto, i vari servizi, così… semplicemente. Non faccio nulla di eccezionale, l’importante è esserci per quello che posso fare. Servizio, semplicità, nell’umiltà… come Maria. Vedo nei miei confratelli tante belle qualità che mettono al servizio della Chiesa, e io cerco di aiutarli con il mio servizio, piccolo, per quello che posso dare. Come Maria…

A cura di Flavio Facchin omi