Vite che parlano: Vera Cornacchiari

Vera Cornacchiari vive a Flero, in provincia di Brescia ed è sposa, mamma di tre figli e insegnante in una scuola secondaria di primo grado. Conosce i Missionari Oblati di Maria Immacolata dal 1995, attraverso la missione popolare che si è svolta nel suo paese. Da allora diverse sono state le missioni e le esperienze condivise con loro. 

Vera, mi hai proposto come titolo del tuo intervento: «Volti nuovi per le nostre comunità». Come mai? Inoltre, il tuo lavoro ti mette in contatto con tanta gente di tanti Paesi. Come vedi la società italiana e come possiamo incidere nel nostro essere missione?

Ormai in ogni ambito che ci troviamo a frequentare, constatiamo che la nostra società è sempre più composta da persone di origine non italiana. Al 1° gennaio 2022 i cittadini stranieri regolarmente residenti in Italia risultavano essere 5.193.669. La presenza di donne e uomini provenienti da altri Paesi è ormai indispensabile a gran parte dei settori produttivi e dei servizi offerti: industria, agricoltura, allevamento, trasporti.

E, ormai da parecchi anni, non solo come manovalanza o come forza lavoro con mansioni di bassa professionalità, ma sempre più anche laddove è richiesta una competenza tecnica qualificata, gli stessi stranieri sono cercati e assunti, segno che la loro cresciuta specializzazione li ha resi nel tempo lavoratori e professionisti “interessanti” per chi vuole assumere personale. Alcuni settori, poi, come la cura della persona e della casa non potrebbero far fronte alla richiesta di aiuto che proviene da chi trova in colf e badanti un’indispensabile supporto alle necessità familiari.

La scuola riesce a reggere allo spopolamento solo grazie al tasso di incremento garantito negli ultimi anni proprio dalle famiglie straniere, che oggi rappresentano il 10,3% del totale.

Il fenomeno interessa prepotentemente anche la dimensione religiosa interrogando ancor più le nostre comunità cristiane sul tipo di relazione che con tale fenomeno o, meglio, con le persone di altra fede e cultura, vogliamo avere. Le stime indicano i cittadini stranieri mussulmani residenti in Italia al 1° gennaio 2022 in 1,5 milioni: il 29,5% del totale degli stranieri. I cristiani non italiani residenti nel nostro Paese sono invece 2,8 milioni e si confermano la maggioranza assoluta della presenza straniera residente in Italia per appartenenza religiosa. Si tratta per lo più di cittadini provenienti da Filippine, Albania, Polonia, Perù ed Ecuador. L’intreccio di relazioni è ormai radicato non solo nella quotidianità dei mondi professionale, scolastico o ecclesiale, ma anche nelle relazioni interpersonali strette e, sempre più, anche in quelle parentali.

Il tema quindi ci interpella da vicino.  Suggerisce urgentemente anche a me, sposa, madre di tre figli e insegnante, di osservarlo proprio a partire dalle nostre comunità parrocchiali che per prossimità, radicamento e sensibilità sono soggetti particolarmente adatti a favorire l’incontro. O almeno dovrebbero esserlo.

Come leggi l’impegno della Chiesa nel nostro mondo multietnico e multiculturale?

La Chiesa, che negli anni del Concilio ha riscoperto e riaffermato la propria dimensione missionaria, oggi riscopre la sua natura multiculturale, il suo essere universale, Una e al contempo Cattolica, viva nella molteplicità delle culture e nella varietà dei riti.

Oggi la Chiesa raggiunge, a mio avviso, una consapevolezza nuova, quella di non dover essere solo attenta ai bisogni, solerte nella carità e incline a fare generosamente qualcosa «per» i Migranti, ma desiderosa di compiere «con» loro i passi per essere, insieme, una comunità credente. Non siamo più solo chiamati a dare risposte ai bisogni primari, alle esigenze concrete, alle urgenze che certamente esistono e ci interpellano, ma siamo sollecitati a cercare la relazione, a favorire l’incontro, a vedere nel fratello e nella sorella di colore e lingua diversi la benedizione che essi sono per la nostra vita personale e parrocchiale.

Papa Francesco ci interpella molto su quanto stai dicendo…

Il Papa, nel suo ultimo intervento per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato non lascia dubbi nel ribadire la necessità del coinvolgimento di coloro che provengono da lontano, titolando tale messaggio «Costruire il futuro con i migranti e i rifugiati».

Ci è richiesto un impegno nella conoscenza e valorizzazione delle individualità, delle persone, delle biografie. E, per proseguire con le parole di Francesco, «questo contributo potrebbe essere assai più grande se valorizzato e sostenuto attraverso programmi mirati». Non basta il «buon cuore», servono programmazione, strategia e… scelte animate da un po’ di coraggio.

Ci puoi dire qualcosa di come questo si vive nella tua Chiesa di Brescia?

Nella nostra Chiesa bresciana stiamo scoprendo, anche in vista di un Progetto con e per i migranti, che già molto è stato seminato e che «l’arrivo di migranti e rifugiati cattolici offre energia nuova alla vita ecclesiale delle comunità che li accolgono». Non sono rare le situazioni di parrocchie che ospitano comunità straniere per le celebrazioni dei vari gruppi etnici, così come non sono più delle sparute eccezioni le presenze di donne e uomini di lingua diversa e di pelle di altro colore che arricchiscono con la loro presenza i Consigli pastorali, la vita delle associazioni, i gruppi di genitori dei bambini dell’ICFR (Iniziazione Cristiana dei Fanciulli e dei Ragazzi).

Che messaggio di impegno missionario vorresti trasmettere ai nostri lettori?

La domanda fondamentale che dovremmo porci più frequentemente, e lo dico a me per prima, è una sola: quanto stimiamo le nostre sorelle e i nostri fratelli che vengono da altre nazioni, da altri continenti? Quanto crediamo che la loro fede, la loro spiritualità, la loro modalità di celebrare l’Eucarestia e di rileggere la Parola di Dio possono essere un dono per noi?

Dobbiamo interrogarci senza la preoccupazione di scoprire che siamo noi ad aver bisogno di qualcosa e senza il timore di coinvolgere maggiormente i migranti nelle nostre parrocchie, anzitutto conoscendoli e poi invitandoli, rendendoli partecipi, formulando loro proposte di impegno che riconoscano la ricchezza di vita, fede e valori di cui sono portatori: talenti da non mantenere in modo improduttivo nascosti, ma giocati per il bene di tutti. Anche questo è missione, qui ed ora!

A cura di Flavio Facchin omi