Vite che parlano: María Isabel Leboso

María Isabel Leboso, uruguaiana, come dice lei «è felice di vivere da oltre vent’anni come laica consacrata nell’Istituto delle Cooperatrici Oblate Missionarie dell’Immacolata». Abita a Montevideo e lavora nei Centri Educativi Oblati del Cerro, alla periferia della città, come Coordinatrice Pastorale.

María Isabel, innanzitutto chi sono le COMI, ovvero le Cooperatrici Oblate Missionarie dell’Immacolata?

Siamo delle donne consacrate a Dio e facciamo nostro il carisma di Sant’Eugenio de Mazenod, il fondatore dei Missionari Oblati di Maria Immacolata. Cerchiamo di incarnare il carisma secondo le caratteristiche femminili e secolari della nostra vocazione. Il fondatore delle COMI è padre Gaetano Liuzzo, Missionario Oblato di Maria Immacolata. Padre Gaetano amava dirci che «la vostra legge è l’amore, la vostra vocazione è l’amore, la vostra medicina è l’amore». Viviamo il carisma dell’evangelizzazione dei poveri nel mondo del lavoro, nelle famiglie di origine, nelle comunità ecclesiali. Siamo presenti in Italia, nella Repubblica Democratica del Congo, in Argentina e in Uruguay. Nell’udienza del 20 novembre 2021 Ileana Chinnici, la presidente delle COMI, così diceva a papa Francesco: «Siamo un piccolo istituto che vive la logica evangelica del granello di senape, del pizzico di sale, del fermento di lievito, una  logica di nascondimento e di azione silenziosa, sotto lo sguardo di Dio».

María Isabel, cosa significa per te essere missione?

Per me «essere missione» è uscire dalle mie sicurezze e comodità che mi impediscono di vedere la realtà in cui sono inserita e scoprire nuove opportunità. È anche incontrare persone che hanno bisogno di un sorriso o di un abbraccio; «uscire» si traduce anche in uno sguardo di speranza e di gioia di fronte a tante situazioni di dolore e alla mancanza di fede. Viviamo in un mondo che, nonostante la pandemia del Covid, ancora non ha capito che guardare l’altro con occhi nuovi ed entrare in empatia deve essere un impegno quotidiano, lasciando da parte quelle varie forme di violenza che non aiutano a costruire ponti fra le persone. Tutto questo lo vivo con coloro che incontro nella mia giornata, in particolare con quelli che vivono per strada portando loro un piatto di cibo e un sorriso, aiutandoli ad affrontare quello che subiscono a causa di tante situazioni, portando loro una parola di speranza e una preghiera, chiedendo al Signore di sostenerli.

La tua è una missione vissuta nel quotidiano…

Anch’io vivo a pieno il mio «essere missione» ogni giorno nel mio lavoro, cercando di far conoscere Gesù, abbracciando la vita anche nelle circostanze difficili: è così che Sant’Eugenio ci insegna ad accompagnare e sostenere chi ne ha maggiormente bisogno. Questo si traduce offrendo un abbraccio a un adolescente che sta attraversando un momento difficile, nell’accompagnamento e nell’ascolto, con dolcezza. Spesso dico che questa è una pastorale dell’ascolto, della vicinanza, della prossimità.  Seguiamo Gesù sulla via di Sant’Eugenio, vivendo nella speranza, nella fiducia e nella gioia. Speranza perché Gesù è la nostra speranza. E mi incoraggia a continuare a camminare, confidando in Lui e in Maria, nostra madre.

E poi c’è la gioia di sentirsi amati da Dio, di trasmettere quella gioia con la vita, cercando di essere testimone di coloro che accompagno. Grata a Dio per avermi permesso di vivere la missione nei centri educativi, custodendo e trasmettendo il carisma di Sant’Eugenio. Vi saluto tutti, in Gesù Missionario.

A cura di Flavio Facchin omi