Vite che parlano: Edwige Manga

Edwige Manga, 36 anni, è infermiera di Stato e lavora all’ospedale degli studenti univesitari presso l’università Cheickh Anta Diop di Dakar, Senegal. Fa parte dei grupppi giovanili della parrocchia Maria Immacolata, alla periferia della capitale senegalese. In particolare i gruppi «Marcheurs», «Fraternité Saint Eugene» e «Jeunesse Oblate».


Edwige, cosa ci racconti qualcosa di te e della tua fede?

Sono una battezzata nel Signore e vivo una vita normale. Ho un buon lavoro come infermiera e all’ospedale cerco di essere testimone della mia fede cristiana in un contesto a maggioranza musulmana. Dio ha un posto molto importante per me e lo sento molto presente, oserei dire che è «tutto per me». Il mattino, al risveglio, il mio primo pensiero va a Dio e si trasforma in preghiera: resto qualche minuto in preghiera e lo ringrazio del nuovo giorno, gli chiedo la forza per affrontare il nuovo giorno e le persone che incontrerò. Di tanto in tanto, lungo la giornata, lancio qualche «freccia» al Signore, per sentirlo vicino a me, soprattutto nei momenti in cui ho qualche difficoltà. La sera, stanca come tutti, ringrazio il Signore per quanto vissuto e porto nella preghiera le persone che ho incontrato.


Cosa significa per te essere missionaria? Nel tuo lavoro o negli impegni parrocchiali…

Essere missione oggi è permettere che l’opera di Dio sia in azione e si realizzi attraverso di me. Ognuno di noi ha una missione nella sua vita e per me è importante innanzitutto coltivare la mia fede e impegnarmi nella mia parrocchia. Ritengo importante condividere l’esperienza che ho acquisito negli anni nei gruppi giovanili e condividerla con i ragazzi nel loro cammino spirituale e sostenerli nell’organizzazione delle attività di gruppo. E poi la preghiera, spingo i giovani ad amare il Signore e a trovare il tempo di stare con Lui. Dove lavoro, all’ospedale, è il mio terreno quotidiano di missione. Fin da piccola sognavo di fare qualcosa per la gente, di essere al servizio soprattutto dei poveri. Cerco di farmi accoglienza, ascolto, sguardo per la gente: anche queste cose aiutano a guarire. Quando ci metti l’amore, si nota la differenza al lavoro e nelle relazioni con i pazienti.


Fai parte del gruppo «Marcheurs Mipa», puoi dirci qualcosa di questo gruppo e cosa fate?


Sì. Da tanti anni faccio parte del gruppo «Marcheurs Mipa» che prepara la Marcia Pellegrinaggio annuale al santuario di Popenguine. Il santuario è dedicato a Maria e dista una cinquantina di km da Dakar. La Marcia Pellegrinaggio è una camminata a piedi che si fa la domenica di Pentecoste e che coinvolge tantissimi giovani del Senegal e di Dakar in particolare. L’acronimo Mipa sta per Maria Immacolata Parcelles Assainies, cioè la mia parrocchia. Una ventina d’anni fa, agli inizi, eravamo in pochi, ma poi ogni anno siamo aumentati di numero e alla Marcia Pellegrinaggio dell’anno scorso eravamo 2040 giovani della nostra parrocchia sui quasi 12.000 della urbana di Dakar. C’è una grande organizzazione e preparazione per questo evento molto sentito dai giovani. La Marcia Pellegrinaggio si svolge la domenica di Pentecoste con la partenza alle cinque del mattino dalla periferia di Dakar per percorrere a ritmo sostenuto la quarantina di km lungo la costa del mare per arrivare al santuario nazionale. L’arrivo è verso l’imbrunire, stanchi ma felici, anzi: felicissimi. Da alcuni anni anche il sindaco della nostra circoscrizione, musulmano, partecipa con noi giovani alla marcia. Il lunedì di Pentecoste (festivo, qui in Senegal) c’è la celebrazione eucaristica in una cornice di oltre 60.000 fedeli e in tarda serata torniamo a Dakar con i mezzi di trasporto pubblico.


Fai parte anche della «Fraternità Sant’Eugenio»  e della «Gioventù Oblata»…

Nella mia parrocchia ci sono i Missionari Oblati di Maria Immacolata. In tanti desideriamo vivere il carisma del Fondatore, Sant’Eugenio. Ci sentiamo anche noi, in qualche maniera, dei missionari. Noi siamo fieri di essere la parrocchia Maria Immacolata e personalemente sono fiera di poter collaborare nella attiività pastorali con gli Oblati. Sono degli uomini appassionati di Dio e della Chiesa, molto vicini e disponibili con la gente, impegnati in molte realtà sociali per sostenere soprattutto i poveri. Ovviamente partecipiamo agli eventi festivi della Congregazione e, nella misura del possibile, facciamo visita alle comunità oblate in Senegal e in Guinea Bissau.


L’anno scorso hai partecipato alle Giornate Mondiali dei Giovani…

La GMG di Lisbona è stata un’esperienza fortissima. Mai avrei immaginato di vedere giovani di tutto il mondo, tantissimi. Ho visto cose bellissime, ho ascoltato delle testimonianze stupende. Ringrazio gli Oblati che ci hanno permesso di partecipare, eravamo in due dalla nostra parrocchia e abbiamo rappresentato i giovani di tutte le nostre parrocchie oblate in Senegal e in Guinea Bissau, dove siamo moltissimi. Abbiamo incontrato giovani di tutti i Paesi dove sono presenti gli Oblati nel mondo, che varietà di vita e di fede. E poi, quanto bene riusciamo a fare nel mondo! Infine, abbiamo incontrato Papa Francesco, «un missionario evangelizzatore».


Un’ultima parola: ci sono delle parole che guidano la tua vita?

L’accoglienza e l’amore al prossimo, innanzitutto. Poi sento importante l’essere autentici, coerenti, capaci di condividere quello che siamo e il poco che abbiamo. Nel quotidiano, al lavoro, ovunque. A me non pare di fare grandi cose, però ci metto tutto il mio impegno.

A cura di Flavio Facchin omi