Vite che parlano: Edgardo e Gilda

Gilda Dolabella e Edgardo Olimpo vivono a Santa Maria Capua Vetere (CE). Sono sposati da 43 anni, hanno tre figli e cinque nipoti. Gilda è stata dirigente dell’Ordine degli Avvocati di Santa Maria Capua Vetere, Edgardo ha lavorato come direttore amministrativo del Ministero della Giustizia. Sono impegnati nel volontariato cattolico e laico (Fondazione Migrantes, Libera, Articolo 11 – Promotori di Pace…). Frequentano la Parrocchia dei Missionari Oblati di Maria Immacolata della loro città. 

Edgardo e Gilda, cosa vuol dire per voi «essere missione»?

Per noi la missione è la condivisione della Parola di Dio senza alcuna imposizione. La missione è capacità di ascolto e di dialogo comunicando con la vita e le scelte quotidiane, piuttosto che con le parole, pur consapevoli dei nostri limiti, la gioia di aver ricevuto il dono della fede ovunque ci troviamo. Forte è la nostra convinzione che oggi l’interlocutore privilegiato della missione non è il non credente, ma è l’uomo impoverito e disumanizzato, cioè l’uomo e la donna discriminati, defraudati nel loro vivere quotidiano e violentati nella loro dignità, privati del diritto di avere diritti fino ad essere resi “superflui” in un mondo pensato in termini utilitaristici. Non c’è la necessità di allontanarsi di molto dal luogo in cui viviamo per incontrare queste sorelle e questi fratelli. Qui ci ha arricchito tanto il un nostro piccolo contributo nel volontariato e l’impegno di Edgardo nella Fondazione Migrantes.

Quali sono i vostri luoghi di missione?

Rispondere alle domande su che cos’è per noi la missione ci ha offerto la possibilità di guardare e riflettere sulla nostra vita di sposi, di genitori, di nonni, di donna e di uomo. Questa riflessione ha rafforzato in noi un’altra nostra opinione ed esattamente la convinzione che la prima missione si vive in famiglia e che la gioia di aver incontrato Gesù va comunicata e praticata nei luoghi della propria quotidianità, sul posto di lavoro e quindi nelle comunità in cui viviamo, sapendo però anche andare “oltre”.

Potete dirci qualcosa di particolare che avete vissuto recentemente?

Quest’estate l’esperienza di un viaggio nel Sahara Occidentale ci ha offerto l’opportunità di constatare che in un mondo segnato da tanto buio ci sono persone che sono uomini di luce, che nella quotidianità della loro vita tutta dedicata alla missione, costruiscono sull’accoglienza ed il dialogo tra matrici culturali e religiose differenti, una sicura e propositiva convivenza sociale e spirituale. In un territorio compreso fra Laayoune e Dakhla, città che distano più di 500 km ed in mezzo il deserto, gli Oblati di Maria Immacolata assicurano l’Eucarestia ai pochissimi cristiani presenti ed in piena armonia con chi ha una fede diversa svolgono un’azione sociale occupandosi degli ultimi e sono tutti fratelli e tutti sorelle.

Approdare in questi luoghi non è un modo semplice per pulirsi la coscienza. È un qualcosa che mette in discussione e scardina molti punti fermi presenti nella nostra Europa, ricca e curata, ma anche troppo spesso chiusa all’altro e svuotata dei suoi valori fondanti.

Nel silenzio del deserto ci si può spogliare del superfluo e scoprire che la comunione è un bene grande.  Nel deserto abbiamo incontrato Dio, si sentiva la presenza di Gesù in mezzo a noi, abbiamo toccato con mano il nostro sogno di missione: contaminazione e fraternità.

«Ogni passo del Missionario è un passo dei piedi di Dio sulla terra» (Beato Mario Borzaga).

 

A cura di Flavio Facchin omi