Querida Amazonia e il sogno di una Chiesa missionaria /4

Il quarto sogno: comunità cristiane capaci di offrire alla Chiesa volti nuovi con tratti amazzonici

Così come i sogni, i temi di «Querida Amazonia» traboccano uno nell’altro come l’acqua di una fontana passa da una vasca all’altra; ognuna resta piena in sé e allo stesso tempo si riversa nella successiva. Dal «sogno sociale» si sviluppa il «sogno culturale»; da questo si fa strada il «sogno ecologico», e da quest’ultimo germoglia il «sogno ecclesiale». Lo Spirito di Dio è la fontana che procura l’acqua, e fa sì che non solo ci sia un travaso da una realtà all’altra rappresentate dai sogni, ma che anche al loro interno l’acqua sgorghi «come le acque sotterranee che affiorano per abbracciarsi con l’acqua che scende dalle Ande». Con Querida Amazonia la riforma ecclesiale non si ferma, il sogno ecclesiale di papa Francesco esprime il desiderio di un’autentica conversione missionaria dell’intera Chiesa, in Amazzonia come nel resto del mondo. Ovvero: tutta ministeriale, non clericale; libera dalla sete del potere, a servizio dei più poveri, decisamente laicale.

«Sogno comunità cristiane capaci di impegnarsi e di incarnarsi in Amazzonia, fino al punto di donare alla Chiesa nuovi volti con tratti amazzonici» (QA 7). La Chiesa in Amazzonia può insegnare e donare alla Chiesa universale qualcosa che viene dalla sua propria peculiarità di Chiesa. «La Chiesa è chiamata a camminare con la Chiesa dell’Amazzonia»… «il compito missionario… deve crescere in una cultura dell’incontro verso una pluriforme armonia. Perché sia possibile questa incarnazione della Chiesa e del Vangelo deve risuonare, sempre nuovamente, il grande annuncio missionario» (QA 61). Il documento presenta diverse incarnazioni dell’annuncio missionario, ne riprendiamo alcune.

L’annuncio missionario si realizza attraverso un’autentica scelta per i più poveri «proponendo ad essi l’amicizia con il Signore che li promuove e dà loro dignità». È importante offrire ai poveri un messaggio sociale di giustizia e di dignità, ma senza nascondere che lo si fa perché riconosciamo nei loro volti il volto di Cristo. «Essi hanno diritto all’annuncio del Vangelo … è l’annuncio di un Dio che ama infinitamente ogni essere umano».

L’annuncio missionario qui si realizza in un particolare territorio e nella ricchezza culturale dei  popoli dell’Amazzonia. Per questo la Chiesa «riconfigura sempre la propria identità nell’ascolto e nel dialogo con le persone, le realtà e le storie del suo territorio. In tal modo, potrà svilupparsi sempre di più un necessario processo di inculturazione, che non disprezza nulla di quanto di buono già esiste nelle culture amazzoniche, ma lo raccoglie e lo porta a pienezza alla luce del Vangelo». I valori culturali possono promuovere una più grande attuazione del Vangelo in quanto «una fede che non diviene cultura è una fede non pienamente accolta, né totalmente pensata né fedelmente vissuta». Le sfide delle culture invitano la Chiesa a «un atteggiamento di vigile senso critico, ma anche di attenzione fiduciosa».

L’annuncio missionario si realizza promuovendo «testimonianze di santità con volto amazzonico, che non siano copie di modelli da altri luoghi, santità fatta di incontro e dedizione, di contemplazione e di servizio, di accoglienza e di vita comune, di gioiosa sobrietà e di lotta per la giustizia». Si tratta di vivere una santità dai lineamenti amazzonici, una santità chiamata a interpellare la Chiesa universale.

L’annuncio missionario si realizza attraverso la forza e il dono delle donne. Quante donne in Amazzonia e nell’America Latina hanno trasmesso la fede per tanto tempo, senza che ci fosse la possibilità di avere sacerdoti per i sacramenti. In qualche maniera l’ho visto anch’io nella mia Africa. Uomini e soprattutto donne che hanno insegnato a pregare e che hanno educato alla fede con la catechesi, che hanno battezzato, che sono state missionarie. In una Parola: hanno tenuto in piedi la Chiesa con fede e con impegno. «Questo ci invita ad allargare la visione per evitare di ridurre la nostra comprensione della Chiesa a strutture funzionali». Nella Chiesa c’è Pietro e c’è Maria e, Maria ha sicuramente un posto più importante di Pietro nell’economia della salvezza. «Il Signore ha voluto manifestare il suo amore attraverso due volti umani: quello del suo Figlio divino fatto uomo e quello di una creatura che è donna, Maria. Le donne danno il loro contributo alla Chiesa secondo il modo loro proprio e prolungando la forza e la tenerezza di Maria, la Madre». Quante donne hanno sostenuto e sorretto tante comunità cristiane; se ne sono prese cura per amore a Dio e della loro gente. Con la loro forza e dedizione. «La situazione attuale ci richiede di stimolare il sorgere di altri

servizi e carismi femminili, che rispondano alle necessità specifiche dei popoli amazzonici in questo momento storico». E per tutta la Chiesa, dove il loro impegno possa avere un’incidenza reale ed effettiva nelle decisioni organizzative, nelle decisioni più importanti e nella guida delle comunità. Senza smettere di farlo con lo stile proprio della loro impronta femminile.

L’annuncio missionario si realizza sostenendo comunità piene di vita, ricche dei doni e dei carismi che lo Spirito riversa in questa Chiesa. La Chiesa celebra e vive la propria fede «perché da estranei, dispersi e indifferenti, noi diventiamo uniti, eguali ed amici». Una Chiesa che, come ovunque nell’opera missionaria, abbia nei suoi responsabili dei ministri ordinati e dei laici che «conoscono le lingue, le culture, l’esperienza spirituale e il modo di vivere in comunità».

Questo richiede la capacità di aprire strade nuove, lasciandosi guidare dallo Spirito e avendo fiducia di consentire «lo sviluppo di una cultura ecclesiale propria, marcatamente laicale. Le sfide dell’Amazzonia esigono dalla Chiesa uno sforzo speciale per realizzare una presenza capillare che è possibile solo attraverso un incisivo protagonismo dei laici». Ad animare quest’opera di rinnovamento dell’annuncio missionario e della sua realizzazione deve esserci la convinzione che nell’unica Missione operano doni gerarchici e carismatici, in cui tutti i Pastori sono costituiti per il servizio al Popolo di Dio, al quale essi stessi appartengono in virtù del sacramento del Battesimo, e in cui tutti i battezzati, uomini e donne, assumono le responsabilità e i servizi della missione della Chiesa. È l’esigenza spesso ripresa da papa Francesco, è la necessità della «conversione pastorale e missionaria che non può lasciare le cose come stanno» (EG 25), per recuperare la figura originaria della Chiesa, ripresa dal Concilio Vaticano II, cioè di una Chiesa intesa come «popolo di Dio» (LG cap. II). La Chiesa è il popolo messianico, scelto e inviato da Dio nel mondo, un popolo che vive nella storia e «che ha come fine il regno di Dio, come condizione la libertà dei figli e come statuto il precetto della carità» (Prefazio comune VII). I ministri ordinati, a partire dal vescovo, operano come Popolo di Dio e con il Popolo di Dio. «Il Vescovo è contemporaneamente maestro e discepolo. Egli è maestro quando, dotato di una speciale assistenza dello Spirito Santo, annuncia ai fedeli la Parola di verità in nome di Cristo capo e pastore. Ma egli è anche discepolo quando, sapendo che lo Spirito è elargito a ogni battezzato, si pone in ascolto della voce di Cristo che parla attraverso l’intero Popolo di Dio» (Episcopali Communio 5). Per questo, il vescovo è chiamato a «camminare davanti, indicando il cammino, indicando la via; camminare in mezzo, per rafforzare (il Popolo di Dio) nell’unità; camminare dietro, sia perché nessuno rimanga indietro, ma, soprattutto, per seguire il fiuto che ha il Popolo di Dio per trovare nuove strade. Un Vescovo che vive in mezzo ai suoi fedeli ha le orecchie aperte per ascoltare “ciò che lo Spirito dice alle Chiese” (Ap 2, 7) e la “voce delle pecore”» (EC 5).