Querida Amazonia e il sogno di una Chiesa missionaria /3

Il terzo sogno: un’identità culturale che custodisce le proprie radici e si arricchisce nel dialogo

«Il sogno è un posto privilegiato per cercare la verità. E anche Dio tante volte ha scelto di parlare nei sogni». Queste parole di papa Francesco del dicembre 2018 e riferite a San Giuseppe, ci aiutano a comprendere lo sguardo del papa sull’Amazzonia e sul mondo intero attraverso la sua Esortazione post-sinodale «Querida Amazonia». Un documento scritto come una lettera d’amore per capire la bellezza di questa regione della terra ma anche le sue problematiche e le sue sofferenze. E comprendere le sfide della Chiesa, che sono le sfide di tutta la Chiesa perché tutto è connesso, perché l’equilibrio del nostro pianeta dipende anche dallo stato di salute ecologico dell’Amazzonia, come delle grandi aree «ecologiche» della Terra.

«Sogno un’Amazzonia che custodisca gelosamente l’irresistibile bellezza naturale che l’adorna, la vita traboccante che riempie i suoi fiumi e le sue foreste» (QA 7). Nell’estate del 2019 migliaia di incendi hanno bruciato grandi zone della foresta amazzonica, la più grande foresta pluviale della terra e uno dei più grandi produttori di ossigeno per l’intero pianeta. La sua preservazione è fondamentale, non solo per proteggere la vita delle migliaia di specie di piante e animali che la popolano, ma anche per mantenere il giusto equilibrio di ossigeno nell’atmosfera del nostro pianeta. Nelle foreste gli incendi si sviluppano spesso per cause naturali e hanno la funzione di aiutare la pulizia del sottobosco. Gli incendi di grandi dimensioni, però, sono rari. Molti degli incendi dell’estate 2019, soprattutto in Brasile, sono stati di origine dolosa e sono stati innescati per accelerare la deforestazione sia per vendere i legnami pregiati come per la messa a coltura di piantagioni economicamente redditizie. A partire dagli anni ’70 si è diffuso lo sfruttamento intensivo dei giacimenti petroliferi, delle riserve di bauxite, uranio cobalto, titanio, manganese, oltre a diamanti, oro e altri minerali preziosi. I grandi incendi, inoltre, hanno prodotto enormi quantità di anidride carbonica, uno dei principali gas serra responsabili del riscaldamento globale. Se si perdesse un terzo dell’attuale foresta, ci potrebbero essere conseguenze irreversibili per l’intera regione latino-americana, come l’impoverimento della biodiversità e la diffusione di fenomeni di desertificazione. Con conseguenze per l’intero pianeta. La gente che abita l’Amazzonia sono qualche decina di milioni, concentrati principalmente lungo le rive dei fiumi. Sono portatori di tradizioni e modi di vivere che rischiano l’estinzione. Derubati di gran parte della loro terra per far spazio a vaste reti di coltivazioni e allevamenti, molti di loro oggi vivono in riserve sovraffollate. Il terzo sogno di papa Francesco è un «sogno ecologico» dove «accanto all’ecologia della natura c’è un’ecologia che potremmo dire umana, la quale a sua volta richiede un’ecologia sociale. E ciò comporta che l’umanità debba tenere sempre più presenti le connessioni esistenti tra l’ecologia naturale, ossia il rispetto della natura, e l’ecologia umana». La cura degli ecosistemi e la cura dell’umanità sono inseparabili, vanno di pari passo. L’equilibrio della Terra e dell’umanità dipende dalla salute dell’ecosistema. Deve crescere la responsabilità dei governi nazionali, ma anche l’attenzione e il grido internazionale. Francesco invita alla «profezia della contemplazione». Ascoltando i popoli di queste regioni possiamo «amare l’Amazzonia, e non solo utilizzarla». «Abusare della natura, per i popoli originari dell’Amazzonia, significa abusare degli antenati, dei fratelli e delle sorelle, della creazione e del Creatore… gli indigeni, quando rimangono nei loro territori sono quelli che meglio se ne prendono cura». Imparando dai popoli indigeni possiamo contemplare l’Amazzonia e risvegliare il senso estetico e contemplativo che «Dio ha posto in noi e che a volte lasciamo che si atrofizzi». Senza la contemplazione del bello è facile che ogni cosa possa trasformarsi in oggetto di abusi senza scrupoli. Occorre vigilare nella tutela di un’ecologia integrale, capace di unire cura dell’ambiente e cura delle persone. Non è sufficiente accontentarci di «accomodare questioni tecniche o decisioni politiche, giuridiche o sociali. La grande ecologia comprende sempre un aspetto educativo che sollecita lo sviluppo d nuove abitudini nelle persone e nei gruppi umani». Contemplazione, educazione, cambio di stile di vita. Non ci sarà ecologia sostenibile capace di cambiare qualcosa, se non cambiano le persone, se non si adotta uno stile di vita «meno vorace, più sereno, più rispettoso, meno ansioso, più fraterno». E ancora ««più il cuore della persona è vuoto, più ha bisogno di oggetti da comprare, possedere e consumare. In tale contesto non sembra possibile che qualcuno accetti che la realtà gli ponga un limite. Non pensiamo solo alla possibilità di terribili fenomeni climatici o grandi disastri naturali, ma anche a catastrofi derivate da crisi sociali, perché l’ossessione per uno stile di vita consumistico, soprattutto quando solo pochi possono sostenerlo, potrà provocare soltanto violenza e distruzione reciproca». Di fronte a questa sfida, la Chiesa c’è. La Chiesa è disponibile e desidera offrire il proprio contributo alla cura e alla crescita di un’ecologia globale offrendo «la sua esperienza spirituale, la sua consapevolezza circa il valore del creato, la sua preoccupazione per la giustizia, la sua scelta per gli ultimi e la sua tradizione educativa».

Flavio FonNdem