Parole di missione: Accogliere

Viviamo perché siamo stati amati e accolti, viviamo per amare ed essere amati, viviamo per sentirci accolti e per accogliere. La Scrittura offre molte tracce sull’accoglienza. Gli Israeliti in terra straniera sperimentano di essere accolti da Dio, che poi li guida alla terra promessa e li fa diventare un popolo. Abramo, accogliendo i tre viandanti sconosciuti, si rende conto di accogliere il Signore stesso; per questo riceverà la benedizione di Dio con il dono del figlio tanto atteso e diventerà padre nella fede di una grande moltitudine. Maria accoglie l’annuncio dell’angelo ed Elisabetta accoglie Maria. Giuseppe e Maria accolgono Gesù. 

Gesù si fa accogliere nelle case di amici e peccatori e nello stesso tempo è accogliente verso tutti: uomini e donne di ogni reputazione, ricchi e poveri, malati e stranieri. La parabola del Buon Samaritano ci insegna che non ci possono più essere estraneità o esclusioni causate da differenze di classe o da ragioni etniche, culturali e religiose, ma che tutti hanno diritto di «sentirsi prossimo», di essere accolti e amati. Nelle prime comunità cristiane l’accoglienza esprimeva l’amore fraterno che rende visibile il nuovo comandamento di Gesù. 

Nella Chiesa l’accoglienza fa parte della comunione fraterna e trova la sua espressione più alta nella celebrazione eucaristica della comunità cristiana, dove Cristo stesso ci accoglie con la sua Parola e con la sua presenza nel Santissimo Sacramento. «Quanto è importante l’amore tra fratelli e l’accoglienza del prossimo… L’accoglienza è una sfida permanente perché la nostra missione porta frutto se lavoriamo nell’amicizia e nella comunione fraterna. L’accoglienza è la cartina di tornasole per verificare quanto effettivamente la Chiesa è permeata dallo Spirito del Vangelo… Ecco il Vangelo che siamo chiamati a vivere: accogliere, essere esperti di umanità, accendere fuochi di tenerezza quando il freddo della vita incombe su coloro che soffrono» (Papa Francesco, 2 aprile 2022).

Perché accogliere? Perché lo stile dei discepoli missionari si rivela nella capacità di farsi prossimo, di amare e di accogliere, e nel mettere in pratica le parole di Gesù «Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie Colui che mi ha mandato» (Mt 10,40) e quelle dell’apostolo Paolo: «Accoglietevi gli uni gli altri come anche Cristo ha accolto voi» (Rm 15,7). Senza dimenticare quel formidabile invito della lettera agli Ebrei: «Non dimenticate l’ospitalità: alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli» (Eb 13,2). Per Papa Francesco «accogliere significa aprire la porta, la porta di casa, la porta del cuore e permettere a chi bussa di entrare e sentirsi a suo agio, non in soggezione. Dove c’è un vero senso di fraternità, lì si vive anche l’esperienza sincera dell’accoglienza. Dove invece c’è la paura dell’altro, il disprezzo della sua vita, allora nasce il rifiuto o, peggio, l’indifferenza» (Papa Francesco, 12 novembre 2021).

Accogliere è vedere. Accogliere significa rendersi conto che l’altro esiste e vive accanto a me. Accogliere è saper vedere l’altro per riconoscerlo come fratello o sorella, per incontrarlo nelle sue necessità, ma anche per condividere le sue gioie o per curare le sue ferite. Saper vedere l’altro porta a incontri di fraternità e di solidarietà. Saper vedere l’altro richiede di farsi prossimo per andare incontro, per entrare in relazione, per amare. 

Accogliere è farsi prossimo. È sull’impegno alla prossimità che si gioca la nostra capacità di accoglienza. Il saper «farsi vicini all’altro» lo viviamo in un tempo in cui aumentano le povertà, in cui si moltiplicano le periferie esistenziali, in cui c’è una «globalizzazione dell’indifferenza»; ma il nostro è anche un tempo in cui è importante convivere e tessere relazioni. Qui si misura la qualità dei nostri valori umani, del rispetto per le persone e della loro dignità, della capacità di solidarietà, del saper riconoscere il volto di Cristo nei volti di uomini e donne. «Chi accoglie rinuncia all’io e fa entrare nella vita il tu e il noi» (Papa Francesco, 14 ottobre 2017).

Accogliere è incontrare. La vita è fatta di incontri e cresce grazie ad essi. Nell’incontro l’altro è dono per me e io sono dono per l’altro. «La vita è l’arte dell’incontro… in cui le differenze convivono integrandosi, arricchendosi e illuminandosi a vicenda, benché ciò comporti discussioni e diffidenze. Da tutti, infatti, si può imparare qualcosa, nessuno è inutile, nessuno è superfluo» (Papa Francesco, Lett. Enc. Fratelli Tutti, 215). La nostra missione sarà quella di essere costruttori di accoglienza, favorendo una cultura dell’incontro, una cultura di prossimità, una cultura del prendersi cura reciprocamente. 

Accogliere è camminare e dialogare con gli altri. Accogliere, il cui significato viene dal latino «ad-cum-legere», cioè «raccogliere insieme verso», ci dice che il cammino di noi uomini sulla terra si fa insieme ed è un cammino per cercare di realizzare il bene di tutti. Dice Papa Francesco: «Avvicinarsi, esprimersi, ascoltarsi, guardarsi, conoscersi, provare a comprendersi, cercare punti di contatto, tutto questo si riassume nel verbo ‘dialogare’. Per incontrarci e aiutarci a vicenda abbiamo bisogno di dialogare. Non c’è bisogno di dire a che serve il dialogo. Mi basta pensare che cosa sarebbe il mondo senza il dialogo paziente di tante persone generose che hanno tenuto unite famiglie e comunità. Il dialogo perseverante e coraggioso non fa notizia come gli scontri e i conflitti, eppure aiuta discretamente il mondo a vivere meglio, molto più di quanto possiamo rendercene conto» (Papa Francesco, Lett. Enc. Fratelli Tutti, 198).

Accogliere è vedere, farsi prossimo, incontrare, camminare insieme, dialogare… Se volessimo definire l’accoglienza, potremmo scegliere due parole: «farsi prossimo». «Il vero nome dell’accoglienza cristiana è prossimità. Ecco perché dovremmo sentire ogni giorno nel nostro cuore il Signore Gesù che così implora ciascuno di noi: “Fatti prossimo al tuo fratello, alla tua sorella in umanità, allontana da te ogni tentazione di indifferenza e io sarò sempre con te”. Ovvero, ogni giorno il Signore ci chiede, mi chiede solo questo: “Ti sei fatto prossimo al tuo fratello, alla tua sorella?” Tutta la nostra vita, tutta la nostra accoglienza è la responsabilità di questa risposta»  (Ludwig Monti, Giornata della Carità 2016, Forlì).

Flavio Facchin omi