Amare ed essere amati è il desiderio di ogni uomo e di ogni donna. Un amico missionario, rifacendosi alla famosa affermazione di Cartesio «Cogito, ergo sum.» («Penso, quindi sono.»), sostiene che noi possiamo dire «Amo, ergo sum!» («Amo, quindi sono!»). Per san Giovanni Paolo II «l’uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l’amore, se non s’incontra con l’amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente» (Redemptor Hominis, 10). Quanta ricchezza di significati c’è nella parola “amore”, davvero tanta: l’amore dei fidanzati, quello di una coppia di sposi, dei genitori per i figli e viceversa; oppure l’amore per il lavoro, per la Patria, per il bene comune. In questa “Parola di missione” vorrei offrire una riflessione sull’amore di Dio per noi e sul nostro amore per il prossimo. Amare è la missione più bella per noi battezzati perché nell’amore di Dio e del prossimo stanno la nostra vita e la nostra missione.
Nel Primo o Antico Testamento l’identità di Dio è quella di un Dio attento e premuroso, ricco di bontà e di misericordia. Sono varie le immagini che rappresentano l’amore di Dio: egli è Colui che coltiva con passione la sua vigna; è il pastore che ha cura del proprio gregge; è lo sposo che ama la sua sposa. Il profeta Geremia, parlando della sua vocazione, presenta Dio con tratti di tenerezza paterna: «Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, / prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato; / ti ho stabilito profeta delle nazioni» (Ger 1, 5). Il profeta Isaia, invece, lo descrive con sembianze di amore materno: «Voi sarete allattati e portati in braccio, / e sulle ginocchia sarete accarezzati. / Come una madre consola un figlio, / così io vi consolerò» (Is 66, 12-13). Per il profeta Osea l’amore di Dio per l’umanità è soprattutto un amore fedele e duraturo: «Ti farò mia sposa per sempre, / ti farò mia sposa / nella giustizia e nel diritto, / nell’amore e nella benevolenza, / ti farò mia sposa nella fedeltà / e tu conoscerai il Signore» (Os 2, 21-22). Tornando al profeta Geremia, notiamo che l’amore di Dio ha caratteristiche di eternità: «Ti ho amato di amore eterno, / per questo continuo a esserti fedele» (Ger 31, 3). Nel libro della Sapienza Dio ama tutto ciò che ha creato ed esiste ed è il «Signore, amante della vita» (Sap 11, 26). L’amore paterno e materno di Dio si manifesta anche nei salmi: «Come è tenero un padre verso i figli, / così il Signore è tenero verso quelli che lo temono» (Sal 103, 13); «Rispondimi, Signore, perché buono è il tuo amore; / volgiti a me nella tua grande tenerezza» (Sal 69, 17). Nel salterio troviamo altre splendide espressioni dell’amore materno e paterno di Dio: «Sei tu che hai formato i miei reni / e mi hai tessuto nel grembo di mia madre» (Sal 139, 13); «Non ti erano nascoste le mie ossa / quando venivo formato nel segreto, / ricamato nelle profondità della terra» (Sal 139, 15). «Perché il suo amore è per sempre» è il continuo ritornello del salmo 136 per affermare che tutti gli eventi della storia sono inseriti nell’eternità dell’amore di Dio e per ribadire che l’umanità è sempre sotto il suo sguardo amorevole.
«Dio è amore» (1 Gv 4, 8.16). Questo è il nome del Dio di Gesù Cristo rivelato nel Secondo o Nuovo Testamento, questo è il DNA di Dio. Fra i titoli attribuiti a Dio dalle religioni e dalla filosofia, il Dio di Gesù porta quello di «amore». È stupendo pensare che noi, creati a immagine e somiglianza di Dio, noi siamo nel suo amore, siamo e viviamo nell’amore di Dio: «E noi abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi. Dio è amore; chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui» (1 Gv 4, 16). La nostra vocazione è allora quella di «essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità» (Ef 1, 4) e lo siamo perché «l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5, 5). Le Scritture affermano che Dio è tenerezza, misericordia, clemenza, bontà, amore; possiamo immaginare che Dio sia una famiglia in cui vive il dono reciproco dell’amore fra Dio Padre, Dio Gesù Cristo e Dio Spirito Santo. Dio è amore! L’incipit del Vangelo di Giovanni potrebbe essere: «In principio era l’amore, l’amore era presso Dio e l’amore era Dio» (Raniero Cantalamessa). Blaise Pascal, per precisare la differenza tra il Dio dei filosofi e il Dio di Gesù Cristo, sostiene che «il Dio dei Cristiani non è un Dio semplicemente autore delle verità geometriche e dell’ordine degli elementi, come pensavano i pagani e gli Epicurei… il Dio dei Cristiani è un Dio di amore e di consolazione, è un Dio che riempie l’anima e il cuore di cui Egli s’è impossessato, è un Dio che fa internamente sentire a tutti la loro miseria e la Sua misericordia infinita, che si unisce con l’intimo della loro anima, che la inonda di umiltà, di gioia, di confidenza, di amore» (Blaise Pascal, Pensieri, 556).
«Dio è amore», questo è il cuore della rivelazione cristiana. E si tratta di un amore sovrabbondante: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3, 16). Il desiderio di Dio è che noi viviamo del suo amore e che ci uniamo a lui ora e per l’eternità. In Senegal un canto wolof dice: «Fu coofel ak xarit ne Yalla anga fa», ovvero «Dove ci sono amore e amicizia, lì c’è Dio», che ricorda il nostro canto «Dov’è carità e amore, lì c’è Dio» e il detto di Gesù «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt 18, 20).
«Dio è amore»: in quest’affermazione stanno la forza e la bellezza del Vangelo; queste parole ci invitano a vivere la “missione” che Gesù ci ha donato nell’amore, che è un vero e proprio distintivo e uno stile di vita per i discepoli missionari: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13, 34-35).
La preghiera di ogni buon ebreo era ed è: «Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze» (Dt 6, 4-5). Gesù, unendo il comandamento dell’amore di Dio con quello dell’amore del prossimo contenuto nel libro del Levitico («Amerai il tuo prossimo come te stesso»), fa dei due un solo precetto, vorrei dire una sola missione. «Allora si avvicinò a lui uno degli scribi che li aveva uditi discutere e, visto come aveva ben risposto a loro, gli domandò: “Qual è il primo di tutti i comandamenti?”. Gesù rispose: “Il primo è: ‘Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza’. Il secondo è questo: ‘Amerai il tuo prossimo come te stesso.’ Non c’è altro comandamento più grande di questi”» (Mc 12, 28-31). Amore di Dio e amore del prossimo si fondono: in ogni persona incontriamo e amiamo Gesù e in Gesù incontriamo e amiamo Dio.
Nel corso dei secoli uomini e donne, battezzati e testimoni del Vangelo e dell’amore di Dio, hanno messo in opera questa missione. È di sant’Agostino l’espressione «Ama e fa’ quel che vuoi. Se tu taci, taci per amore; se correggi, correggi per amore. Sia in te la radice dell’amore e tutto quello che fai non può essere che bene». È, invece, di san Giovanni della Croce la frase «Dove non c’è amore, metti amore e troverai amore». Metti amore, semina amore, ama… Anche oggi ci sono uomini e donne che continuano a testimoniare l’amore di Dio. Madeleine Delbrêl, missionaria delle periferie francesi, sostiene: «Ogni piccola azione è un avvenimento immenso in cui ci è dato il Paradiso e in cui possiamo dare il Paradiso. Parlare o tacere, rammendare o fare una conferenza, curare un malato o battere a macchina… tutto questo non è che la scorza di una realtà splendida: l’incontro dell’anima con Dio, incontro ogni minuto rinnovato, ogni minuto che diventa, nella grazia, sempre più bello per il proprio Dio. Suonano? Presto, andiamo ad aprire: è Dio che viene ad amarci. Una informazione?… Eccola: è Dio che viene ad amarci. È l’ora di mettersi a tavola? Andiamoci: è Dio che viene ad amarci. Lasciamolo fare». E santa Teresa di Calcutta afferma: «Non possiamo sempre fare grandi cose nella vita, ma possiamo fare piccole cose con grande amore». Sì, talvolta bastano piccoli gesti fatti con il cuore per fare del bene e forse cambiare qualcosa di questo mondo.
Fin da ragazzo mi hanno accompagnato queste parole di Gandhi: «Prendi il tuo sorriso e dallo a chi non ne ha mai avuto. Prendi un raggio di sole e fa’ che squarci le tenebre che avvolgono la terra. Scopri una sorgente e purifica chi vive nel fango. Prendi una lacrima e posala sul volto di chi non ha mai pianto. Prendi il tuo coraggio e mettilo nel cuore di chi non può lottare. Scopri un senso alla tua vita e condividilo per chi non sa più dove va. Prendi in mano la speranza e vivi nella luce dei suoi raggi. Prendi la bontà e donala a chi non sa dare. Scopri l’amore e fallo conoscere all’umanità».
Cosa significa amare? Amare è una disposizione che mi permette di pensare e di realizzare il bene o il Vangelo che vorrei essere con parole e azioni concrete. Amare è portare Dio in ogni luogo e quindi amare è celebrare il Natale ogni giorno facendo nascere Gesù; amare è vivere il Venerdì Santo nei momenti di dolore che provo o che incontro nell’umanità; amare è vivere la gioia della Pasqua di Resurrezione che mi fa rinascere a vita nuova; amare è il fuoco della Pentecoste che mi spinge a portare ovunque il Vangelo. Amare è valorizzare i talenti che sono in me; amare è avere uno sguardo capace di percepire le necessità dei fratelli; amare è accogliere, mettersi in relazione, perdonare, offrire la vita. Amare è anche compassione, sacrificio, lacrime, pazienza, sofferenza. Amare sono le tante “parole di missione” che abbiamo proposto in questi anni in questa rubrica: ascoltare, pregare, essere Eucarestia e Parola, stare con il Signore e andare in ogni tipo di periferia, custodire, annunciare, condividere, aver cura, incontrare, farsi prossimo, tessere relazioni, dialogare, donare, perdonare, costruire amicizie… Quante persone pongono sguardi e gesti di amore che costruiscono relazioni, famiglie, comunità ecclesiali, chiese locali, la Chiesa, popolo di Dio che siamo noi!
Quale la missione per noi discepoli missionari? C’è un vasto campo da percorrere: ovunque possiamo “essere l’amore” come Gesù “è stato ed è amore”. Facciamo nostri tre testi neotestamentari che propongono linee operative antiche e sempre nuove, perché l’amore di Dio e del prossimo verrà sempre declinato in modalità nuove in ogni parola, sguardo, gesto, azione.
«Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui. In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati. Carissimi, se Dio ci ha amati così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi. In questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha donato il suo Spirito. E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo. Chiunque confessa che Gesù è il Figlio di Dio, Dio rimane in lui ed egli in Dio» (1 Gv 4, 7-15).
«La carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore. Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera. Condividete le necessità dei santi; siate premurosi nell’ospitalità. Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile. Non stimatevi sapienti da voi stessi. Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti» (Rm 12, 9-18).
«Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita. E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe. La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà. Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino. Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto. Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!» (1 Cor 13, 1-13).
Non potevamo non concludere con l’inno alla carità di San Paolo, un autentico elogio dell’amore, che ci indica un cammino entusiasmante e impegnativo allo stesso tempo. In questo testo appare in filigrana il volto di Gesù, perché il Cristo è il luogo dove l’Amore si è reso visibile e tangibile. Guardando a Gesù sappiamo che siamo amati e che possiamo amare come lui: questa è la cosa più bella e più grande che possiamo vivere nella nostra vita. È questa la nostra missione! «Il segreto per toccare e trasformare i cuori è l’amore. Occorre amare, amare nonostante tutto e sempre» (Beato Giuseppe Gérard, omi). In fin dei conti «ciò che conta è amare» (Carlo Carretto) perché «solo l’amore è credibile» (Von Balthasar). In che misura? «La misura dell’amore è amare senza misura», senza limiti, in ogni occasione, sempre.
«Abbiamo bisogno di gente che insegni ad amare! Non ci vogliono lauree per insegnare ad amare. Anche l’analfabeta può essere maestro e può insegnare. Se abbiamo gente che sa amare, abbiamo maestri di bontà che incrementano sulla terra l’amore, persone che rendono visibile la presenza di Dio fra gli uomini. Amare è calarsi nei problemi degli altri, è sacrificare il proprio tempo, è aiutare le persone fino in fondo come sa fare Dio. Amare è comprendere. Amare è perdonare. Amare è prevenire. Amare è dare affetto, attenzione, forza a chi non ce l’ha più. Amare è dare, senza attendere il contraccambio, come sa fare Dio. Amare è mettersi nei panni degli altri. Amare è fermarsi accanto ad ogni persona senza passare oltre. Amare è trovare il tempo per uno che soffre mentre manca il tempo per te e per le tue cose. Amare è rendere presente Dio in mezzo alla gente. Quando tu ami, anche se non te ne accorgi, il volto di Cristo brilla nei tuoi occhi e il sorriso di Cristo passa sulle tue labbra. Signore, moltiplica sulla terra le persone capaci di amare!» (Anonimo).
Flavio Facchin omi