Testimoniare il modo di vivere di Gesù nel Sahara Occidentale

Mi è stato chiesto di scrivere una breve testimonianza sulla nostra missione in Sahara. E lo faccio con piacere. È una missione molto particolare perché oltre alla situazione speciale di questo territorio c’è da considerare che la popolazione locale è al 100% di religione musulmana e nel piccolo gruppo di cristiani siamo tutti “stranieri”. Tra loro sta qui in modo stabile solo la comunità dei tre Missionari Oblati di Maria Immacolata perché il resto vive qui temporaneamente per ragioni di lavoro. I vescovi del Nord Africa si sono definiti come Chiesa di periferia e noi stiamo alla periferia di questa periferia.

Com’è la nostra missione? Lo diciamo così, al plurale, perché crediamo che la missione va fatta in comunità.

Potrei rispondere con quello che c’è scritto nelle nostre Regole: “crescendo nella fede, nella speranza e nella carità, siamo lievito delle beatitudini nel cuore del mondo”. Accompagniamo, con una presenza modesta, silenziosa, di vita nascosta, questo popolo nel suo cammino di fede e di storia. I nostri rapporti con la popolazione locale sono di reciproco affetto e rispetto, vivendo e camminando insieme, alimentando la nostra speranza. Abbiamo tanto da imparare dal loro modo di accogliere, di vivere, di pregare… Com’è bello conversare con loro mentre beviamo le tre tazze di the nelle loro case! C’è tanta vita nascosta nella casa di Nazareth.

Con loro e tra loro vogliamo essere presenza e testimonianza del modo di vivere di Gesù. Con loro e tra loro diciamo “una parola comune” al mondo, una parola di amore al prossimo, quando, con le associazioni locali, collaboriamo per curare la salute danneggiata dei migranti subsahariani di passaggio, serviamo i bambini con disabilità o aiutiamo le famiglie molto povere che vengono a cercare un rifugio tra noi.

Inoltre, la Chiesa ci ha affidato la sua visibilità e presenza in questo immenso territorio. Se un giorno andremo via sarebbe difficile recuperare questa presenza. Questo ci fa sperimentare in modo vivo la nostra appartenenza e responsabilità come Chiesa locale: se non preghiamo o celebriamo l’Eucaristia o non viviamo quell’amore come Lui ci ha amato, chi lo farà? Pregare per la Chiesa e per il popolo è una delle nostre azioni missionarie alle quali vogliamo dedicare il meglio delle nostre energie.

Le nostre Messe domenicali a El Aaiún e a Dakhla (a 540 chilometri di distanza, che raggiungiamo a turno ogni fine settimana) sono sempre internazionali ed ecumeniche. Nel piccolo gruppo di 10 o massimo 20 cristiani in ogni Chiesa, celebriamo la nostra fede e alimentiamo la nostra speranza. Sono lavoratori o migranti di passaggio e dobbiamo adattarci alla lingua della maggioranza che frequenta e fare attenzione a non ferire la sensibilità di ogni confessione. Sempre mutevole, la nostra comunità è un’oasi per molti che non si aspettavano di trovare una Chiesa qui.

Vivere l’Avvento nel deserto è molto interessante: tante immagini bibliche che puoi “toccare” a pochi metri dalla porta di casa tua: come risuona Isaia con la sua visione del cammino di speranza della gente attraverso il deserto, quella di preparare le sue vie, quella della sentinella, della promessa fatta in un posto dimenticato da tutti, quella di Maria, molto cara ai musulmani, che renderà possibile a Dio di mettere tra di noi la sua ‘jaima’ (tenda)… Beh, io mi fermo qui. Se vuoi saperne di più, vieni a trovarci… Nel frattempo, buon Natale a tutti!

p. Chicho Rois omi