P. Vincenzo Bordo: “Dai poveri ho imparato a riconoscere Dio nel dolore”

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Seong Nam 22 Marzo 2015

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Pochi giorni fa un giornalista mi ha fatto una domanda inaspettata che mi ha colto di sorpresa: “Tu sei bravo, perché fai tante cose per i poveri, ma tu cosa hai imparato da loro? Gli ultimi cosa ti hanno insegnato?”. “Già – ho chiesto a me stesso -, cosa ho appreso in questo lungo cammino a fianco della gente di strada, di chi soffre?”

Nel 1992, finiti gli studi della lingua coreana, chiesi in un’assemblea ecclesiale: “Dove sono i poveri in questa nazione?”. Mi dissero: “Nella città di Seong-Nam in provicia di Gion-Gi-Do”. Feci i bagagli e mi recai là. Da allora ho scelto quelle periferie, come ambiente di vita, e quei fratelli, come compagni di viaggio. Così è iniziata la mia avventura con loro. 

All’inizio, ricco della mia forte e baldanzosa giovinezza, ho cercato di insegnare e donare tutto quello che avevo appreso nei lunghi anni passati sugli eruditi libri universitari. Dopo un po’ mi sono reso conto che i loro problemi erano tutti là, come prima, irrisolti e noi eravamo ancora all’inizio del nostro peregrinare. 

Continuando a camminare al loro fianco ho imparato ad ascoltarli. Da quell’ascolto sono nate esperienze belle e di sollievo per tante persone che si trovavano nell’angustia del vivere. Insieme abbiamo costruito realtà umane significative ed importanti. Ma il loro dolore era ancora là senza risposte e con domande imbarazzanti. 

Senza mai fermarmi e sempre in marcia con loro ho iniziato a far silenzio perché le mie erudite conoscenze si erano esaurite. Le mie forze e gli entusiasmi giovanili si erano smorzati, ma le loro provocanti richieste sull’ingiusta esistenza, sull’afflizione e le inquietudine dell’esistere, erano ancora là senza risposte e mi provocavano fortemente. 

10273168_286759041495309_7117323538987051164_oDapprima ho cercato di consolarli dicendo loro: “Dio, l’Emanuele, è con noi, è a fianco a noi nelle nostre sofferenze”… ma gli abbandonati, gli ultimi, coloro che ogni giorno erano provati dalle pene del vivere e dall’angoscia di esistere mi gridavano: “No, questo non è giusto, non ci basta. Dio non puo’ essere solo questo”.

Poi un giorno, stimolato da queste irrisolte domande, in un frammento di mortale dolore, sono entrato anch’io nel profondo di una tremenda sofferenza e lì ho incontrato un nuovo volto di Dio. Non semplicemente un ‘Dio che è nel dolore’ ma un ‘DIO CHE È DOLORE’. A quel punto tutto ha assunto un significato diverso e una luce nuova.

Gli attimi di acuto patire e di atroce tormento non erano piu’ ‘BUCHI NERI’ di assenza di Dio, di inquietudine, di perché senza risposte ma erano frazioni esistenziali in cui MISTICAMENTE vivevo immerso in un ‘DIO-SOFFERENZA’. Come la rete che gettata nel profondo dell’abisso tenebroso e freddo è il Regno di Dio. Come il tesoro nascosto nel ventre della terra buia e asfissiante è il Regno di Dio. Come il grido d’abbandono sulla croce è il grido di Dio. Così ho percepito che DIO È ANCHE DOLORE.

In quell’istante mi diventava più chiaro che nei momenti del gioioso vivere, del felice amare, del sereno vivere in salute vivevo nel mistero di un ‘DIO-AMORE: IL RISORTO’. 

Mentre nei framenti di angosciosa oppressione, arcana afflizione ero immerso nel mistero inquietante di un ‘DIO CHE E’ DOLORE: IL CROCIFISSO’.

Così, i poveri, miei compagni di cammino, prendendomi per mano, mi hanno condotto ad immergermi nel più intimo dei misteri umani: il dolore e la morte. E lì, misticamente, ho sperimentato la Gioia e il Dolore, la Vita e la Morte: il Triduo Pasquale: il venerdì di morte, il sabato di silenzio e la domenica di risurrezione. MI HANNO INSEGNATO CHE SONO SEMPRE IN DIO E CHE NON ESISTE UN ATTIMO DI VITA, UNO SPAZIO DI ESISTENZA SENZA DI LUI. Perché Lui è FELICITÀ E AMORE ma anche DOLORE E MORTE. Tutto il nostro precario vivere è immerso nel Misericordioso Dio.

Tutt’ora questa esperienza mi è di forza e di incoraggiamento nel barcollante incedere della mia miserabile esistenza. Sia questa Pasqua una buona occasione per entrare più intimamente nell’oscuro mistero di un Dio che è SOFFERENZA e GLORIA.

Vi prego di prendere questa strana e difficile lettera solo come un momento di intima comunione di ciò che Dio e i poveri mi stanno donando in questo frangente della mia indigente vita.  Auguri a voi e alle vostre care famiglie.

                                          Con affetto Vincenzo

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